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Disabilità, non si dovrà più lasciare la casa-famiglia dopo i 18 anni

Disabilità, non si dovrà più lasciare  la casa-famiglia dopo i 18 anni

Secondo una nuova delibera regionale, la n. 54 del 2017, riguardante le modalità di ammissione e dimissioni nei servizi residenziali per minori, i ragazzi con disabilità complesse non saranno più costretti a lasciare la struttura che li ospita una volta compiuti i 18 anni. A raccontarlo sul Corriere della Sera la giornalista Michela Trigari.

 

“Alessia non dovrà più lasciare la “Casa di Chala e Andrea” quando sarà maggiorenne. È stata abbandonata all’ospedale Bambino Gesù di Roma appena nata, molto probabilmente per via della sua disabilità. Alessia è di origine orientale, ha 17 anni, un ritardo cognitivo grave, è tracheostomizzata e si nutre con la peg. Vive in questa casa-famiglia di Roma gestita dalla cooperativa sociale “L’Accoglienza” – è con loro da cinque anni perché la struttura in cui stava prima ha chiuso i battenti – e chi la segue ora non ha più paura di doverle trovare una sistemazione idonea tra appena 12 mesi.

La casa e Alessia
Nel Lazio, infatti, i ragazzi con disabilità complesse non saranno più costretti a lasciare la struttura che li ospita una volta compiuti i 18 anni, il limite massimo di tutela secondo legge. È questo il succo della modifica introdotta con una nuova delibera regionale, la n. 54 del 2017, riguardante le modalità di ammissione e dimissioni nei servizi residenziali per minori. Così Alessia e la sua carrozzina continueranno ad abitare a “Casa di Chala e Andrea” ancora per un bel po’ di tempo: purtroppo, però, non potrà essere per sempre, perché si tratta comunque di una struttura per minori. Inoltre lì non abita una vera e propria famiglia, ma “solo” il gruppo di educatori che la accudiscono. «Non siamo infatti una casa famiglia di tipo misto, ossia di quelle con il nucleo familiare residente», spiega Stefania Moroni, educatrice della cooperativa “L’Accoglienza”. Ma almeno non si dovrà più chiedere al tribunale l’innalzamento della maggiore età come era stato fatto per Chala.

Ora c’è più tempo per trovare una sistemazione
Chala è un ragazzo di 21 anni di origine etiope che vive nella casa che porta il suo nome dal 2000. «È stata sua nonna a portarlo in Italia quando si è accorta che aveva un ritardo mentale, accompagnato da un disturbo dello spettro autistico. Probabilmente ne soffriva anche la madre», racconta Moroni. «Prima viveva a “Casa Betania”, in attesa di adozione; ma visto che questa non arrivava, allora sì è pensato di creare una sistemazione ad hoc in grado di ospitare anche altri bambini con disabilità»: è così che è nata “Casa di Chala e Andrea”. Intanto il ragazzo è andato a scuola, si è diplomato, fa sport (in particolare equitazione e nuoto), va a fare la spesa con il resto degli operatori, partecipa alle gite e alle vacanze al mare, ama molto passeggiare e tutto il vicinato lo conosce. «Resterà con noi finché non troveremo una sistemazione adatta a lui: saremo il ponte che lo accompagnerà verso l’età adulta e vigileremo sulla sua serenità», commenta l’educatrice.

Ha vinto il principio della continuità
«Questa modifica normativa colloca la Regione Lazio tra i territori più all’avanguardia nel panorama nazionale per la tutela dei diritti dei bambini con disabilità, perché si fa carico della necessità della continuità assistenziale, terapeutica e affettiva come presupposto prioritario nel percorso di benessere di ogni persona», spiega Marco Bellavitis, responsabile de “L’Accoglienza onlus” e consigliere di “Casa al Plurale”, l’associazione che rappresenta le organizzazioni laziali che operano a sostegno delle persone con disabilità e di minori, coinvolgendo 54 case famiglia.
La nuova delibera prevede che “nel caso di ragazzi con disabilità ad alta complessità assistenziale, una volta divenuti maggiorenni, è consentita la permanenza in struttura. Le eventuali dimissioni e il conseguente inserimento del ragazzo in una nuova realtà devono essere concordati, nei tempi e nelle modalità, dai servizi sociali territorialmente competenti, dalla famiglia o da chi ne fa le veci, dall’équipe della struttura di provenienza e devono costituire valida risposta ai bisogni socio-assistenziali del ragazzo”.

Lazio all’avanguardia
Bisogni sociali, non sanitari. Nel Lazio ci sono oltre 240 bambini e adolescenti disabili che vivono fuori dalle proprie famiglie d’origine, e sono almeno 70 quelli la cui disabilità è complessa e necessitano di assistenza: fino a ieri rischiavano di essere sradicati dal loro contesto di vita al compimento della maggiore età; da oggi in poi si potrà progettare per loro, all’interno di una rete che coinvolge anche l’Asl e l’amministratore di sostegno, la soluzione migliore per rispondere ai bisogni individuali di ciascuno. Perché quando un bambino con disabilità cresce, e diventa adulto, intervengono altre realtà a farsene carico. E spesso si tratta di residenze sanitarie, non di case protette”.

[fonte: corriere.it]